Come concepire il nuovo e la scoperta in psicologia archetipica?

La conoscenza psichica procede attraverso metodi scientifici e religiosi?

Mi soffermo su alcune riflessioni ponendo domande che spero siano utili per intavolare un dibattito sulla conoscenza in psicologia archetipica. Il senso della scoperta è legato al cambiamento e alla trasformazione psichica. L’iniziazione e il mistero sono le forme rituali che hanno scandito la crescita dell’individuo prima dell’avvento delle teorie psicologiche e di una conoscenza aperta promossa dal pensiero scientifico. Nella sfera soggettiva il cambiamento può comportare stadi o rivoluzioni simili a quelle discusse dagli epistemologi ma sono presenti anche fattori tipici dell’esperienza religiosa, rivelazioni, conversioni, illuminazioni. Il confine dell’ignoto definito dall’inconscio e poi dal mundus imaginalis ci pone di fronte a un’esperienza che non si ferma alla razionalizzazione dei fenomeni ma cerca un criterio aperto per poterli esperire direttamente nel loro ambiente psichico. Definiamo alcuni termini per cominciare.

Il miracoloso

 L’evento miracoloso potrebbe essere riconosciuto come evento che è talmente lontano dalla cognizione e comprensione dell’osservatore da apparire magico e sovrannaturale, suscitando sentimenti di paura, ammirazione o devozione religiosa. È un evento di cui si è testimoni e partecipi, ignoto e incomprensibile tanto ma mettere in discussione la visione del mondo di colui che lo sperimenta. In genere, l’evento miracoloso ha un impatto che stravolge radicalmente la realtà della persona generando in essa un cambiamento importante nella concezione del mondo e dei valori. È uno shock paradigmatico che rivela una dimensione nuova tanto da stravolgere la concezione ordinaria delle cose. Data la distanza conoscitiva, l’evento miracoloso non permette una verifica sperimentale perché gli strumenti per rilevarlo e le teorie sono insufficienti, con esso si stabilisce un rapporto fideistico con riti imitativi o celebrativi, offerte o preghiere in un rapporto analogo a quello di un suddito con il re o un figlio con il genitore. Non può essere riprodotto né si può prevedere perché s’ignorano le leggi del suo funzionamento; tuttavia, se ne riconosce l’esistenza e se ne riscontrano effetti sensibili. È un evento ignoto all’osservatore per quantità e qualità che induce stupore e soggezione, a volte terrore. Il sentimento miracoloso testimonia la rivelazione di un’esperienza innovativa che stravolge ogni regola consolidata generando la necessità di una nuova percezione e un nuovo modello di realtà. Si potrebbe parlare di miracoloso relativo e assoluto se l’esperienza stravolge il paradigma personale o quello collettivo. La soglia del miracoloso non è fissa ma si sposta in base alle conoscenze acquisite su di un sapere di una civiltà.

Quali potrebbero essere gli eventi miracolosi che si affrontano in psicologia archetipica?

Lo straordinario

L’evento straordinario costituisce un’eccezionale manifestazione di eventi fisici noti, non viola il sistema delle leggi fisiche ma lo spinge ai suoi limiti estremi al punto da rivelare aspetti nuovi ritenuti impossibili da realizzare o inimmaginabili. Non è riproducibile benché sia spiegabile perché è il risultato di condizioni uniche e particolari.  Appartengono allo straordinario le prestazioni dei talenti umani e del genio, le abilità e le tecnologie sono usate oltre le capacità ammissibili senza che vengano però superate le leggi della fisica. Induce sentimenti simili a un evento miracoloso, ovvero può indurre uno shock paradigmatico, ma viene ammesso riconoscendo l’eccezionalità della situazione che lo produce suscitando il sentimento di una verità più profonda che agisce in esso.

Gli eventi straordinari possono portare al limite le leggi fisiche tanto da far emergere aspetti miracolosi, in tal caso si può parlare di scoperta che se sostenuta da una teoria e sperimentazione diventa scoperta scientifica.

Come si rapporta la psicologia archetipica con lo straordinario?

L’ordinario

Il valore di fenomeni ed esperienze miracolose e straordinarie non può essere chiaro senza una definizione dell’ordinario. L’insieme stabile e assodato delle proprie idee e dei modelli di comprensione dell’esperienza definisce lo stato ordinario delle cose dando un sentimento di sicurezza e stabilità. L’esperienza ordinaria conferma le proprie conoscenze e le rafforza garantendo la continuità costruttiva dei rapporti nel tempo e nello spazio. Pertanto, nell’esperienza ordinaria si tende a ripetere schemi già noti per raggiungere scopi e soddisfacimenti che consolidano una condizione accettata e acquisita. L’ordinario migliora, ordina e accresce lo spazio delle cose note proteggendolo da eventuali incidenti o stravolgimenti.

Come si potrebbe concepire l’ordinario in psicologia archetipica?

Il confine con l’ignoto nel rapporto tra ordinario, straordinario e miracoloso

Straordinario e miracoloso si pongono al confine tra noto e ignoto mettendo l’umano a confronto con qualcosa di diverso alla comune normalità. La routine, la noia, la vita meccanica di abitudini fa perdere sensibilità e abbassa la qualità del sentire, lo esaurisce. La banalità di stimoli scarichi d’interesse costituisce per l’umano un problema perché rivela la stanchezza psichica. L’abitudine si somma alla tendenza psicologica al conformismo producendo uno stato mentale di assuefazione e accettazione passiva degli eventi. Una sorta d’inerzia psichica che tende alla stasi. Gli eventi miracolosi e straordinari sono delle spinte, il giro di ruota degli avatara induisti, degli antenati e degli eroi civilizzatori, personaggi in grado di produrre cambiamenti straordinari modificando lo sviluppo della civiltà. Un evento è miracoloso tanto più sconvolge la visione del mondo e tende a diventare straordinario tanto più lo si riesce ad assimilare nelle proprie concezioni. Sono importanti perché costituiscono la garanzia del messaggio salvifico religioso. Lo straordinario come scoperta è il faro trainante dei cambiamenti sociali convergendo su individui particolari, geni, profeti, artisti, che apportano cambiamenti e conoscenze fondamentali nelle culture.

Lo straordinario legittima il progresso mentre il miracoloso legittima la salvezza, l’ordinario ha la funzione di consolidare e mantenere lo stato acquisito.  

Infatti, lo straordinario genera la spinta alla scoperta e alla fiducia nelle possibilità di cambiare mentre il miracoloso apre alla rivelazione in un orizzonte superiore alla condizione limitata del momento favorendo sentimenti di fiducia e speranza. Se il miracoloso rivela una meta a cui si può tendere lo straordinario ne traccia il sentiero. Più si batte un percorso sconosciuto maggiori sono gli eventi miracolosi e straordinari. Quando si approda ad una normalità si ammette il raggiungimento di uno stato di quiete che come la sazietà, persiste fino a quando non subentra la fame.

Rapporto tra esperienza personale e collettiva

È opportuno distinguere l’esperienza soggettiva miracolosa e straordinaria personale da quella collettiva. Le scoperte personali possono essere molto banali ma possono avere un effetto miracoloso e straordinario sulla persona inducendo in essa cambiamenti evidenti e concreti. Lo stesso può accadere su ampi strati di popolazione. Un genio fa cose straordinarie con facilità ma solo lui le riesce a fare e il suo lavoro richiede anni di studio da cui se ne traggono apprendimenti e motivi di ispirazione. A volte il potere del miracoloso si manifesta nell’abilità che il singolo ha di renderlo noto a un pubblico anche se non è detto che possa essere accettato o compreso. Il miracoloso è un’esperienza che può passare inosservata o può essere negata da coloro che non possono accettarla. Dal momento che il miracoloso mette in discussione alcuni presupposti del paradigma dominante e stravolge l’ordine può generare forti resistenze in chi non trae da esso un motivo costruttivo di cambiamento.  

Quali sono gli stravolgimenti miracolosi o straordinari d’interesse per la PA?

L’autonomia psichica

Il perché di questa riflessione su miracoloso e straordinario si pone dal momento che le spinte motivazionali sono animate dal senso della scoperta e del superamento di un limite oltre il quale si pone la soddisfazione. Il meccanismo di gratificazione basato sul condizionamento e la struttura di contenimento offerta dal sistema di credenze acquisito limita le possibilità psichiche dentro le convenzioni della personalità ordinaria. Raggiunto un grado di maturità che prende consapevolezza dell’ordinario, l’individuo sviluppa un bisogno di autonomia avvicinandosi ad una comprensione di sé e del mondo più ampia e profonda. Si ricerca la propria felicità attraverso una formula personale e originale che in certi casi può diventare motivo d’imitazione per altri. L’individuazione diventa un percorso obbligato quando vengono compresi i meccanismi basilari del funzionamento psichico. La condizione straordinaria deve diventare parte integrante dell’ordinaria e in questa relazione si cela il valore simbolico dell’autonomia psichica.

La PA studia i processi che rompono l’equilibrio dell’ordinario?

Il contrasto tra gnostico e agnostico

Indurre e favorire il sentimento del miracoloso e straordinario è differente dall’assistere a un miracolo o a un evento straordinario. Non basta l’evento in sé ma ci vuole un soggetto capace di recepirlo e raccontarlo. L’agnostico dichiara l’inutilità del miracoloso per sollecitare a concentrarsi sullo straordinario. Per contro potremmo dire che lo gnostico è colui che va in cerca del miracoloso e che ne testimonia la presenza tanto da trascurare la normalità al punto da ritenerla una forma corrotta della luminosità del miracolo. Se entrambi sono riconducibili ad un dualismo che nega un aspetto a favore dell’altro, possiamo dedurre che concepire entrambi costituisce una posizione ulteriore complessiva delle due precedenti. La gnosi, e poi la a-gnosi sono servite a maturare entrambi gli aspetti, una volta maturi essi possono interagire.

La via personale

Questa è la via personale, quel punto nel quale si riconosce la relazione tra noto e ignoto e ci si può concentrare sul proprio grado personale di realizzazione ovvero pesare su di sé il proprio rapporto con lo straordinario e il miracoloso e la normalità per creare il proprio sentiero personale, la propria opera. Questo dà per acquisito che si siano percorsi i cammini precedenti avendo concluso il rapporto con la convenzione sociale e con i modelli condivisi dalle scuole. La formazione scolastica e accademica insegna un modello da imitare ma non produce l’arte. La convenzione sociale è il rifugio naturale nel quale ci si può sentire accolti senza porre in discussione l’offerta salvifica. L’autonomia da entrambe costituisce il grado d’integrazione delle posizioni gnostiche e agnostiche. Miracoloso, straordinario e normalità sotto questo punto di vista sono elementi di pari grado che vanno coltivati nella particolarità del proprio percorso individuale in totale autonomia. Per questo non possono più esistere a questo livello scuole o chiese ma solo gruppi di lavoro, non ci sono maestri ma solo testimonianze. Sotto questo livello continuano a sussistere le scuole e le tradizioni dal momento che hanno il compito di accogliere chi ha bisogno di acquisire e ricevere conoscenza, come i bambini e scolari che vanno accuditi e istruiti.

La psicologia archetipica si pone in questo livello avanzato della conoscenza?

Foto: San Girolamo – Cavaggio, copia di Massimo Emiliani.

2 risposte a “Come concepire il nuovo e la scoperta in psicologia archetipica?”

  1. Avatar Paolo Quagliarella

    Guardando agli etimi della parola miracolo scopriamo che deriva dal latino “miraculum” quindi è in relazione con eventi straordinari o meravigliosi. A propria volta “miraculum” proviene dal verbo “mirari” che significa meravigliarsi. La radice della parola “meravigliarsi” nasce dalla radice indoeuropea “*smar” che significa “pensare, ricordare”, immaginiamo la parola memoria o anche smarrito in italiano. Il miracolo è quindi qualcosa che ci meraviglia e che “si fa ricordare”.

    In greco, invece, la parola corrispondente a miracolo è thauma e anche lei è in relazione con meraviglia e prodigio, come significato. La sua radice deriva dall’indoeuropea “*dheu“ che significa correre, fluire. Questa radice ha generato parole come “deus” in latino, “Zeus” in greco. Entrambe le radici “*smar” e “*dheu” sono considerate radici verbali poiché danno origine a parole che esprimono movimento. Il miracolo è, dunque, qualcosa che ci smuove nel profondo, che ci fa correre verso una nuova visione, come sottolinea Riccardo, un evento da ricordare e aggiunge che “Se il miracoloso rivela una meta a cui si può tendere lo straordinario ne traccia il sentiero. Più si batte un percorso sconosciuto maggiori sono gli eventi miracolosi e straordinari.”

    Mnemosine, quindi, avrebbe un ruolo importante nei “miracoli”, è la divinità che permette di ricordare, quindi di mostrarsi agli archetipi, alle immagini archetipiche che diventano rappresentazioni, quindi l’accadimento miracoloso ricordato. In astrologia la memoria è in relazione con la Luna, il Segno del Cancro, elementi fortemente in relazione con le emozioni tra cui la meraviglia che segna l’apparire di un miracolo a un soggetto.

    La percezione del miracolo passa però da Mercurio (Hermes), è la divinità che raccoglie informazioni, ma non le cataloga, è una funzione del Segno della Vergine.

    Mercurio porta le informazioni all’ascendente (la visione del mondo del soggetto) che a quel punto può “ri-orientarsi”, l’Ascendente è il punto astronomico che sorge proprio ad Oriente, il cui etimo è proprio in relazione con la parola sorgere. Dopo un miracolo ci si ri-orienta e si tiene bene a mente l’avvenimento. L’inflazione di questo ricordo, però, per il soggetto potrebbe condurre anche alle costruzione di una fede sfrenata ed eccessiva, il che significa fermarsi in un solo punto, nel solo accadimento e non accettare nulla di diverso.

  2. Avatar Stefano Cobianchi

    Grazie Riccardo per l’intervento ricco di spunti.

    Voglio anzitutto chiarire quello che dev’essere un assioma per la PA e più in generale per tutta la psicologia del profondo: come ormai largamente appurato, sappiamo che le leggi fisiche e matematiche classiche non possono essere in grado di descrivere in modo esaustivo fenomeni complessi come quelli psicosociali. Eppure, nonostante questo fondamento della psicologia, più passano gli anni più si va rafforzando la tendenza a voler trattare i dati qualitativi con metodi quantitativi, nella ricerca di una oggettività matematica che finisce per denaturare necessariamente l’oggetto stesso di studio come “scientifico”.

    D’altra parte, nella ricerca archetipica l’utilizzo di modelli, teorie e classificazioni come dogmi, nonché dei dati empirici e del sapere proveniente da campi affini alla nostra ricerca come l’archeologia, la filologia e la fisica quantistica, piuttosto che come strumenti di indagine e pensiero, spesso non conduce affatto a una maggiore credibilità intellettuale della psicologia del profondo.

    Un altro assioma che dovremmo sempre tenere in considerazione prima di iniziare le nostre speculazioni sui fenomeni psichici fuori dall’ordinario (in verità, lo sono tutti) è che il punto di vista dal quale li osserviamo è completamente insussistente ed epistemologicamente insufficiente, giacché la stessa definizione, ad esempio, di “fenomeni paranormali”, ossia gli eventi che non possono essere spiegati in modo scientifico e le relative classificazioni, è una definizione che deve a mio avviso necessariamente decadere in quanto il nostro assioma come psicologi archetipici che ricercano la psiche è proprio che per se il fenomeno psichico non è ripetibile e verificabile a partire da variabili e condizioni controllabili e definibili per tutti i soggetti, quindi il fenomeno psichico in questo senso non può essere considerato scientifico.

    D’altra parte, lavoriamo nella necessità di dover difendere la nostra professione e la ricerca archetipica da un certo tipo di psicologia che da tempo si definisce invece scientifica proprio nel senso sopra indicato, e che ripropone sotto il falso nome di “metodo qualitativo” idee e teorie assolutamente infondate e arbitrarie, magari basate su speculazioni filosofiche o su parallelismi e metafore provenienti da altri campi di indagine, laddove non si deve tuttavia cadere nell’errore di un verificazionalismo acritico.

    In PA vige un rigoroso relativismo psichico: tutto deve essere ricondotto alla psiche come suo fenomeno per sé esistente come Psiche Oggettiva; qui il metodo qualitativo, con i suoi concetti di “soggettività” e “oggettività” rifondati su questo assioma interpretativo, e sulla stessa fondamentale distinzione tra “analisi” e “interpretazione”, diviene allora un metodo rigoroso e oggettivo, con un suo specifico campo di applicazione – dalla psiche per la psiche – che non necessita di ulteriori giustificazioni epistemologiche per avere patente di scientificità all’interno del suo stesso campo di indagine – la psiche per la psiche, appunto.

    In PA, la ricerca qualitativa è dunque sempre alla mercé dell’intuizione e della sensazione, dell’arte e della creatività, del sogno e della fantasia creatrice, in una parola: dell’immaginazione come funzione autonoma della psiche. Siamo sempre nell’ambito di un territorio di confine che sempre si pone tra conoscenza e ignoto, e che tanto pesa nei periodi storici di maggiore crisi nonché di fermento intellettuale e personale.

    Chiarita questa premessa, in ogni approccio alla psiche che voglia definirsi archetipico, cioè dal punto di vista degli archetipi e della psiche oggettiva, siamo costretti non solo a ribaltare il nostro classico punto di vista egocentrico sui fenomeni in questione – quello dell’io, che è sempre lui che osserva il fenomeno definendolo da “miracolo” a “ordinario” data la sua personale credenza o concezione unita al suo vincolo psicofisico di percezione – ma dobbiamo iniziare seriamente a considerare che, qualitativamente, durante una ricerca o esperimento, quale può essere tuttavia una stessa seduta di analisi, il punto di vista soggettivo sul fenomeno si scompone in almeno tre punti di osservazione compresenti e inscindibili col fenomeno stesso, quello che io chiamo “il triangolo psy”: il soggetto osservatore, lo sperimentatore o l’analista come altro soggetto osservatore, e l’oggetto osservato, però anch’egli osservatore che col suo punto di vista agisce e interferisce sul fenomeno stesso, sia secondo la PA (vedi Hillman quando parla dell’anima mundi e degli oggetti inanimati che in realtà hanno invece un’anima che osserva e richiama l’attenzione) che pure la più recente filosofia orientata agli oggetti e l’approccio ontologico alla psiche oggettiva, oltre che ovviamente a quanto già detto negli anni precedenti dalla fisica quantistica sulla psiche. In base a ciò, in ogni fenomeno di interesse per la PA si definiscono tre assi di interazione e interferenza (bias) nel fenomeno osservato o rilevato.

    In sostanza, riprendendo la dinamica energetica della psiche definita da Jung per riportarla all’interno del Mundus Imaginalis, nella sua “re-visione della psicologia” Hillman ribalta il punto di vista psicologico, definendo l’energia della libido come l’energia delle immagini autonome della psiche, descrivendo ad esempio tre fasi in cui questa energia viene trasformata: 1) patologizzazione o proiezione; 2) psicologizzazione o connessione di significato, nonché tutti i fenomeni di sincronicità; 3) “visione in trasparenza” o ritiro delle proiezioni e acquisizione di una visione “immaginale”, cioè dal punto di vista delle immagini. Occorre qui ricordare che per Hillman le immagini non sono rappresentazione, ma sono “presentazione”, perché le immagini “sono” prima della coscienza, e “si presentano” ad essa come provenienti da un altro mondo o dimensione, quella appunto del metaxy o del cosiddetto Mundus Imaginalis.

    Veniamo al dunque: in base alla prospettiva della PA, ogni evento è sia ordinario che extra-ordinario, sia perché unico e irripetibile, sia perché prodotto non dall’io, ma dalla psiche, che a priori è extra-ordinaria. Sempre secondo la PA e il lascito di Hillman, ogni evento è come un sogno e allo stesso modo noi siamo dentro di esso con tutte le nostre descrizioni su di esso, perciò – se di PA stiamo parlando – quella che noi facciamo sulla psiche e i suoi fenomeni è sempre una fiction.

    Ciò nonostante come tu hai detto, ogni immagine è autonoma e nella sua teleonomia deve essere ricondotta alla sua individuazione, i cui segni sono contenuti nelle forme e nei caratteri dell’immagine stessa così come essa si presenta. Allora, in base a questo necessario relativismo che in PA – ripeto se di PA si vuole parlare – deve rimettere ogni volta ogni descrizione sulla psiche e sui fenomeni psicologici alla psiche stessa e al suo punto di vista, che è come quello delle immagini oniriche aldilà dell’io onirico nel sogno, noi definiamo miracoloso o straordinario un fenomeno dal punto di vista soggettivo, ma da quello oggettivo ogni immagine che si presenta è un fenomeno che ha sempre un sostrato immaginistico indeterminato e incomprensibile, che di fatto sfugge all’io, il quale per suo principio di coerenza e autoconservazione ricondurrà tutto invece a ciò che conosce e alla sua credenza.

    In soldoni: un fatto che per te può essere miracoloso, per me può essere ricorrente, e viceversa. Prendiamo la guarigione improvvisa da un tumore diagnosticato come mortale come esempio di fenomeno miracoloso: all’interno del “triangolo psy”, questo fenomeno può essere ricondotto a tre livelli di interazione: quello tra soggetto e oggetto lo definirà come un fenomeno teleplastico (ad esempio il soggetto che vede il cambiamento improvviso nel suo corpo lo ricondurrà all’intervento inspiegabile di una forza maggiore, come di un santone guaritore o dello stesso Dio), stessa cosa anche quello tra soggetto e osservatore esterno al corpo trasformato, con l’aggiunta di un bias di relazione (ad esempio il medico o il parente del malato metterà in campo nella sua descrizione dell’evento le cure o le pratiche effettuate su di esso per aiutarlo), ma dal punto di vista dell’oggetto (il tumore ovvero la materia che si trasforma) noi dobbiamo sempre tenere conto del processo di individuazione del corpo, che è sempre psiche nonché il substrato materiale con cui essa presenzia e agisce trasformando il mondo (ad esempio: un carcinoma ovarico ha come principi primari il femminile lunare della fertilità insieme al plutonico della morte e del profondo, porta i segni di una nigredo trasformativa di ciò che è creato e della creatività stessa come principio oggettivo animante nel processo di individuazione).

    Infine, una questione determinante della distinzione da te proposta tra i fenomeni suddetti, ma che a mio avviso va radicalmente rivista in PA, è proprio fino a che punto possiamo definire un qualsiasi evento in un modo o nell’altro aldilà del punto di vista dell’io. Ad esempio, lo stesso tumore alle ovaie ci sembrerà oggi quasi “ordinario”, poiché di comune conoscenza in quanto l’io ne possiede facilmente una descrizione oggettiva in senso scientifico e materialistico, ma tuttavia non in senso della psiche e immaginistico, per il quale invece rimane un evento altamente improbabile rispetto alla popolazione, e che in ogni persona porta comunque variabili e fattori psicologici unici e indeterminati, basta solo pensare al momento in cui può insorgere rispetto al momento della propria vita.

    In PA, guardare all’immagine come oggetto in sé e per sé ci svincola da ogni pre-giudizio egocentrico di descrizione e classificazione: in PA, ad esempio, anche la semplice mestruazione è un fatto che può essere miracoloso e allo stesso tempo ordinario, perché ciò non dipenderà più solamente dalla percezione soggettiva e dalle credenze e aspettative dell’io, ma dalla SINCRONICITÀ che il fenomeno oggettivo “mestruazione” instaura con lo stato interno del soggetto e il suo soggettivismo (ad esempio, dopo la diagnosi del tumore ma anche per una donna già adulta in piena età di menopausa, o che al contrario sente e vive in modo estremamente intenso il proprio legame con la natura, per entrambe loro stesse potrebbero pensare: “Mi sono venute le mestruazioni… è un miracolo!”).

    In conclusione, a mio avviso la definizione di un evento da ordinario a miracoloso è e sarà sempre una definizione da ricondurre a dati quantitativi, al metodo scientifico e alle credenze e opinioni dell’io, quindi non è di interesse per la PA. Piuttosto, ridefinire la descrizione e descrizione di ogni fenomeno valutandoli in senso estetico, poetico e affettivo, soggettivamente, e in senso simbolico e sincronistico, oggettivamente, risulta di primario interesse per la PA.

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