La medicina oggi è in grado di alleviare la maggior parte dei sintomi e delle malattie, ma la comprensione della loro componente psicogena resta perlopiù inevasa, e viene ricondotta al corpo stesso o a un elemento patogeno esterno. Ciò non ci permette di capire, ad esempio, perché abbiamo assunto una certa postura che ha indotto il nostro mal di collo, oppure perché ci viene quell’attacco d’ansia improvvisa in una situazione, o in presenza di una certa persona, o perché a un certo punto sono comparse delle verruche o delle macchie sulla pelle, o ancora perché soffriamo di certi dolori alle ossa alla schiena in certi periodi dell’anno, o perché a un certo punto abbiamo iniziato ad avere difficoltà a prendere sonno, oppure ci svegliamo facendo degli incubi, o perché ogni tanto ci spunta l’erpes o ci vengono dei strani pruriti, e perché poi quel sintomo è scomparso quando abbiamo smesso di frequentare un posto o di vedere una certa persona.
A questo tipo di domande la medicina non puo’ dare risposte certe, e senza una presa di coscienza del problema psicologico alla base del sintomo e un adeguato cambiamento, i trattamenti sono sempre palliativi. Da solo, il medico non puo’ indirizzare la sua diagnosi e terapia al bisogno della psiche. Nonostante infatti il Sistema Sanitario Nazionale abbia adottato già da molti anni il modello bio-psico-sociale come proprio, vi è una continua tendenza a voler cancellare il sintomo il più rapidamente possibile e a voler dimenticare la malattia, piuttosto che a inquadrarlo come il segnale (spesso continuo e recidivo) di un problema di cui il paziente non è ancora divenuto cosciente, e che proprio si manifesta con questo scopo.
Un sintomo è infatti sempre anche espressione dei cosiddetti “nuclei di esperienza dissociati”, è cioè il risultato di un tentativo di connessione tra i sistemi di espressione non verbali – il funzionamento autonomo del corpo e le sue reazioni all’ambiente circostante – e quelli verbali della persona. Questa connessione rappresenta un importantissimo sistema di allarme e segnalazione di ciò che non va per l’individuo nella sua totalità psicofisica. Lo scopo è quello di indurre una risposta e un atteggiamento consapevole verso il problema, affinché si attivino le proprie risorse per un cambiamento significativo e possibilmente definitivo. È ormai ampiamente dimostrato che la nostra condizione fisica è sempre strettamente collegata a quella psichica. Ad esempio, oggi la psicosomatica ci permette di capire come interpretare i sintomi attraverso la relazione organi-emozioni, per capirne il messaggio profondo e arrivare alla loro spontanea remissione. Qual è quindi il significato dei nostri sintomi, e come ciò puo’ avvenire?
La psiche parla attraverso il corpo.
Il dolore, il malessere o l’ affezione sono i segni precursori dell’incrinarsi dell’armonia in una parte dell’organismo, ma impegnarsi a far scomparire questi segnali con medicine e trattamenti senza ricercare l’informazione dello squilibrio di cui sono forieri sarebbe come disinserire l’allarme dopo che ha rilevato un focolaio d’incendio. Ignorando l’allarme, rischiamo di trovarci di nuovo nel bel mezzo delle fiamme, ed è precisamente quanto fanno coloro che inghiottono farmaci senza cercare di capire quale sia l’origine del segnale. D’altra parte, i medici non possono fare altro che prescriverli, perché devono rispettare un protocollo terapeutico standardizzato, e tra il caos e l’informatizzazione del sistema assistenziale oggi il medico di base si trova spesso a non poter far fronte in primo luogo alle specifiche richieste del paziente. Aldilà di queste difficoltà, siamo noi stessi pazienti che oggi avanziamo pretese disumane al nostro medico, che non consideriamo “di fiducia” o “bravo” se cerca di capirci e rimetterci di fronte al problema come sua causa principale, ma piuttosto finché non voglia accettare passivamente tutte le nostre richieste di cure e attenzioni e allo stesso tempo si dimostri in grado di cancellare i nostri sintomi in modo rapido come fosse un mago o un luminare della scienza. La mancanza di compliance e adesione ai trattamenti prescritti, oggi, è soprattutto un problema culturale, perché non abbiamo ancora guadagnato quella visione olistica della malattia come simbolo e linguaggio della psiche, che pure il modello bio-psico-sociale adottato dal Sistema Sanitario già da tempo propone.
Perciò se ci limitiamo a una visione meccanicistica della medicina, la nostra attenzione sarà posta solo sul corpo e sul sintomo percepito, o sul male diagnosticato, mentre esso è l’oggetto specifico di proiezione di un più complesso disagio interiore. Ogni specifica parte del nostro corpo è infatti interconnessa al cervello e forma il substrato su cui la psiche rappresenta le proprie esperienze, emozioni, necessità e affezioni in modo simbolico, sotto forma di immagini psichiche. Ad esempio, supponiamo che improvvisamente vi venga una gastrite. La gastrite è sì il sintomo dell’ipereccitabilità del colon che, appena mangiamo qualcosa di diverso, verte già in una condizione di “allarme”, di cui il medico diagnosticherà certe origini “nervose”, magari associandole a uno stato di stress o ansia che il paziente puo’ anche arrivare a riferirgli in associazione alla sua condizione attuale. Tuttavia, nei limiti delle sue competenze e del suo tempo, il medico non potrà mai andare oltre dal vedere la vostra gastrite come tale, e trattarla come una qualsiasi infiammazione intestinale. Il medico non puo’ valutare il disturbo in termini di tristezza, delusione, sconforto, giustificazioni ecc. sugli eventi della vita del paziente, e nemmeno glielo dovreste chiedere, perché lo mettereste nella gravosa condizione di dovervi fare una consulenza psicologica, perché a quel punto si dovrà parlare di psiche. Sono infatti le reazioni emotive, le credenze e le attribuzioni di significato del paziente che, nel vissuto più o meno inconscio della psiche, hanno indotto un certo comportamento, o hanno cambiato il suo modo di pensare, o lo hanno messo nelle condizioni di generare il sintomo e la malattìa.
Ogni malattia ha un livello psicologico di elaborazione che sottende quello fisico e sintomatico. Ad esempio, la nostra gastrite interessa lo stomaco e la mucosa intestinale come organi dove la psiche esprime il sentimento e la ricettività di ciò che viene dall’esterno (il cibo), di cui rispetto al corpo rappresenta anche il confine di questa ricezione e una barriera di protezione da esso. L’irritazione dello stomaco rappresenta quindi una irritazione dei desideri regressivi di sicurezza della nostra anima, rappresentati ad esempio dalla sensazione di benessere che abbiamo quando sentiamo lo stomaco pieno. L’infiammazione di questa zona di confine del corpo col cibo e il nutrimento rappresenta simbolicamente nella psiche una lotta intestina laddove dovrebbe regnare benessere e armonia, nel luogo del ristoro e della metabolizzazione delle esperienze del mondo. Questa forza aggressiva e repulsiva verso il cibo come nutrimento affettivo potrebbe rappresentare una reazione auto-aggressiva (cioè che si rivolge all’interno invece che all’esterno) verso ciò che metaforicamente abbiamo dovuto mandare giù, ingoiare controvoglia dagli altri, nonché il rifiuto di affetti e attenzioni che ci vengono rivolte in un modo per noi sbagliato o indesiderato, tanto da farci stare male dentro il luogo della loro simbolica metabolizzazione. Ovviamente sono molti i possibili significati simbolici che porta una gastrite, e per capire quali di essi sono quelli giusti è necessario farlo parlare e ascoltare il suo racconto, analizzando insieme a lui le immagini, i ricordi e le riflessioni che affiorano nella narrazione dei suoi eventi personali.
Medicina psicosomatica e terapia.
La psicoterapia (letteralmente, “terapia dell’anima”) puo’ curare la psiche dell’uomo, e lo puo’ fare attraverso la parola, dando forma cosciente a ciò che risiede nel nostro inconscio psichico, all’interno di una relazione terapeutica dove i suoi contenuti possono essere finalmente elaborati e fatti transitare nella psiche fino alla remissione dei sintomi. Ciò è possibile perché questi rappresentano i cosiddetti “complessi a tonalità affettiva”, ovvero i conflitti tra la coscienza del paziente e le varie altre parti della sua psiche, che la psicoterapia rivela nel suo senso e significato. La sola rimozione del sintomo, ad esempio attraverso un farmaco, cancella la possibilità della comprensione del suo significato simbolico come messaggio di allarme della psiche, e tenta di annullare la connessione simbolica che la psiche instaura con il corpo, per cui essa continuerà a patologizzare con altri sintomi e malattie, o provocherà delle recidive. La remissione del sintomo si avrà invece con l’avvenuta consapevolezza dei molteplici significati delle parole e delle immagini che risiedono nei complessi e nei conflitti psichici rappresentati simbolicamente dal sintomo, e che nella psiche rimanevano come conglomerati di immagini di ricordi, apprendimenti e credenze immagazzinati nella memoria.
Attraverso la psicosomatica è possibile trasformare quelle immagini che sono presenti nella propria psiche e che sono all’origine del disagio e delle sofferenze che di conseguenza si manifestano nel corpo perché lasciate incomprese, e anzi rimosse dalla coscienza.
La psicoterapia analitica archetipica è una terapia psicosomatica che ha una portata immensa nei confronti di tutti i comportamenti e gli atteggiamenti inconsciamente indotti da conflitti interiori e immagini penose, da traumi passati o irretimenti, da paure e false credenze apprese nel tempo, e da tutto ciò che il corpo di conseguenza somatizza. La psicoterapia è basata sull’analisi della parola come immagine del profondo, e quindi attraverso il discorso e la narrazione degli eventi riconosce e analizza gli immagini presenti nei complessi della psiche inconscia del paziente, permettendogli di rielaborare il sintomo come nucleo di sofferenza psichica, senza rinforzarlo direttamente come altre terapie, far ruotare tutto intorno ad esso attraverso diete e programmi di comportamento, ma restituendogli il suo valore simbolico attraverso la comprensione del suo significato psicologico.
Analizzando il discorso spontaneo sui problemi della vita attuale del paziente, o il materiale onirico e immaginativo, è possibile far emergere spontaneamente gli immaginari psichici presenti al momento della seduta. Lo psicoterapeuta analitico ha le conoscenze adeguate per poterli riconoscere e per saperli rielaborare assieme al paziente, sia dal punto di vista soggettivo nella storia di vita del paziente e nelle sue credenze su di essa, sia soprattutto dal punto di vista oggettivo ed sul reale significato ontologico. Le immagini presenti nella psiche del paziente riguardano infatti l’inconfutabile verità che egli porta dentro, e che attraverso i suoi sintomi “spinge” per essere riconosciuta ed elaborata coscientemente nel suo significato.
In questo modo, la psicoterapia permette di rielaborare tutte quelle immagini dolorose che vengono invece giornalmente rimosse, riportandole nella coscienza, cioè in corteccia cerebrale, per attribuirgli il giusto significato, ovvero quello attuale alla luce dei bisogni presenti nell’individuo e nel suo percorso di vita e di realizzazione, e poterle cosi reimmagazzinare nella memoria delle esperienze. Le terapie di stampo cognitivo-comportamentale disconoscono invece il ruolo della psiche e riconoscono solo quello dell’io, perciò non mirano alla rimozione del sintomo ma all’adattarsi ad esso attraverso l’ addestramento della propria volontà cosciente. L’uomo viene visto come un animale o una macchina da addestrare e potenziare, e viene costretto a seguire indicazioni, programmi e terapie standardizzate. Queste psicoterapie non rimettono affatto il sintomo attraverso la sua comprensione, ma spingono invece al suo controllo attraverso l’apprendimento di comportamenti alternativi. Se ad esempio il vostro problema è una fame incontrollata, che magari vi porta alla bulimia o alla gastrite, queste terapie non analizzano il significato simbolico del sintomo per comprendere la sua origine intrapsichica, ma piuttosto impongono una dieta restrittiva e spingono alla scelta di uno stile di vita diverso e standardizzato che sarebbe meglio per tutti. Il risultato sarà inevitabilmente un ritorno alla fame incontrollata all’interrompere la dieta, o l’insorgere di altri sintomi, malattie o disturbi psichici e dell’umore, perché il conflitto psichico sottostante il sintomo o la malattia non sarà mai stato nemmeno toccato. La psicoterapia analitica archetipica invece, come terapia psicosomatica, vuole mettere il paziente stesso in grado di capire l’origine della sofferenza che egli porta nascosta nel sintomo, permettendone la remissione attraverso il cambiamento degli immaginari psichici che lo sottendono. Il nostro scopo è sempre quello di non lasciare inevasa la domanda più profonda che il paziente porta nello studio del medico, spesso inconsapevolmente, ovvero di essere aiutato a capire qual è l’origine del suo specifico sintomo, allo scopo di eliminare ciò che non va nella sua vita, rispetto a cui il sintomo è già il messaggio psichico foriero della sua salute. La vera cura per ciò che accade nel corpo, la terapia più efficace, è sempre quella che prende in carico anche ciò che accade nella psiche.
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